Enrico Salvi è il nuovo presidente del Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP. L’elezione è avvenuta in occasione del primo Consiglio di amministrazione presso la sede del Consorzio dopo l’assemblea elettiva del 20 maggio, dove si è svolto anche il passaggio di testimone con l’ex presidente Stefano Mengoli.
Salvi, già presidente della società cooperativa Bovinitaly, guiderà ora il Consorzio verso le nuove sfide, nel segno della continuità.
Un mercato in crescita

“Il mio mandato – ha detto il neopresidente del Consorzio – sarà nel pieno segno della continuità e in quello che penso sia stato un buon lavoro svolto in tanti anni e in momenti difficili come lo sono stati soprattutto questi ultimi. Il mercato della carne, da un anno a questa parte, ha vissuto un vero e proprio stravolgimento, passando da un mercato produttivo quasi saturo, a dover rincorrere la produzione per mancanza di materia. Per questo motivo, parole come valorizzazione e tutela, oggigiorno, acquisiscono un significato ancora più importante e sono convinto che il Consorzio in questo giocherà un ruolo fondamentale. La sfida del futuro la giocheremo sulla promozione, perché la carne sta diventando sempre più un prodotto di nicchia, ma insieme ai nostri allevatori e a tutta la nostra filiera affermeremo ancora di più il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, coma una delle migliori carni italiane, di qualità e soprattutto garantita e certificata”.
La razza Marchigiana

Tra le tre razze che caratterizzano il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, come noto, c’è quella Marchigiana. Una razza nata nella nostra regione, ma che si è ben presto diffusa in tutta l’Italia centrale e all’estero. Paradossalmente, è proprio nelle Marche che se ne rischia viceversa se non l’estinzione, quantomeno un forte ridimensionamento.
La storia della razza Marchigiana, come la conosciamo oggi, inizia in realtà verso la metà del XIX secolo quando gli allevatori marchigiani incrociarono il bovino podolico autoctono (derivato dal “Bovino dalle grandi corna” giunto in Italia nel VI secolo d.C.) con tori chianini per ottenere una razza con maggior attitudine al lavoro e alla produzione di carne.
L’effetto di questo incrocio fu una trasformazione evidente del bovino: miglior sviluppo muscolare, mantello più chiaro, corna più corte e testa più leggera. Dopo un ulteriore incrocio con la razza Romagnola agli inizi del XX secolo, per abbassare la statura e rendere la razza adatta al lavoro dei campi, la Marchigiana assunse i caratteri attuali. Ottima produttrice di carne, sia in termini di resa al macello che di qualità delle carni (leggermente rosate e con grana fine), la Marchigiana viene oggi allevata in tutta l’Italia centrale, con punte di diffusione in Campania, Sicilia e all’estero (soprattutto Canada, USA e America Latina).
L’ottima capacità di adattamento ne fa un bovino ideale per il pascolo in terreni difficili, e quindi un veicolo di recupero e valorizzazione economica dei cosiddetti “terreni marginali”.