Bacino Misa-Nevola, il ruolo dell’agricoltura contro il rischio idrogeologico

Importante incentivare pratiche agronomiche appropriate
Tecnica
di Andrea Dignani (geologo)

Il fiume Misa nasce dalle pendici sud-occidentali dell’anticlinale arceviese, nella zona di San Donnino nel Comune di Genga, e dopo circa 48 km, percorrendo il territorio collinare dell’entroterra anconetano in direzione SO-NE sfocia nel mare Adriatico a Senigallia: la superficie del bacino è di 384 km2. (Fig. 1).
L’areale imbrifero del fiume Misa si sviluppa per intero nel bacino marchigiano esterno caratterizzato dai rilievi della dorsale marchigiana con le formazioni calcare, le colline esterne hanno come substrato delle Argille azzurre, nelle pianure alluvionali troviamo i depositi quaternari costituenti i terrazzi alluvionali dal I al IV ordine.
L’uso del suolo si caratterizza per ampie zone utilizzate per l’agricoltura, nelle zone del rilievo appenninico la presenza di boschi, soprattutto nel fondovalle del medio basso bacino, estese zone urbanizzate.(Fig.2)
Il dissesto idrogeologico nel bacino è rappresentato da un significativo numero di frane di versante, il rischio idraulico, che purtroppo abbiamo subito con l’alluvione del 15 settembre 2022, è presente esclusivamente in gran parte del fondovalle tra la confluenza Misa Nevola fino a Senigallia (Fig.3)
Per la mitigazione idraulica si sta procedendo con progetti e attività in alveo, con azioni volte a ridurre e gestire l’onda di piena.
In considerazione delle ampie superfici utilizzate dall’agricoltura, e delle caratteristiche morfologiche del bacino, si ritiene che l’agricoltura possa svolgere un ruolo cruciale nella capacità di mitigare il dissesto idrogeologico ad integrazione con gli attuali progetti di mitigazione.
Le cause del dissesto idrogeologico sono molteplici: una non corretta pianificazione territoriale, che ha consumato pesantemente i suoli, solitamente più fertili, delle piane alluvionali e un costante abbandono di aree agricole marginali, con la relativa scomparsa di antiche sistemazioni idraulico agrarie ma, soprattutto, di quella attività di manutenzione territoriale, di difesa attiva, che consisteva nella cura di un reticolo idrografico minore e della gestione delle acque di scorrimento superficiale fondamentale per evitare frane ed esondazioni.
Oggi sarebbe opportuno riconoscere, veramente, agli agricoltori la valenza multifunzionale della loro permanenza sul territorio, come presidio funzionale ed economicamente sostenibile ma, soprattutto, riconoscere agli agricoltori un ruolo di preminenza e di priorità nella collaborazione con i soggetti pubblici per la corretta gestione delle risorse idriche, della manutenzione del reticolo idrografico, dei versanti collinari, delle pianure alluvionali.
La soluzione è in un sistema organizzato dall’interno della realtà agricola che incentivi e supporti economicamente gli agricoltori a utilizzare pratiche agronomiche che riducano il rischio idrogeologico e a sviluppare buone pratiche agronomiche per favorire l’assorbimento dell’acqua negli acquiferi e per mezzo di laghetti collinari, durante le stagioni piovose, con conseguente allungamento dei tempi di corrivazione e recupero delle sistemazioni idraulico agrarie.
Si tratta, quindi, di proporre una nuova organizzazione fra gli agricoltori, i cittadini e gli altri settori economici. Un’alleanza che veda gli agricoltori non più come una parte residuale, ma come protagonisti non solo della produzione di alimenti sani a salubri ma anche come coadiutori del mantenimento di beni pubblici come il paesaggio e la riduzione del rischio di alluvioni.

 

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