Caccia, sulla riforma regionale l’attenzione degli agricoltori

Il settore primario reclama di essere coinvolto nelle modifiche
Attualità
di Alberto Maria Alessandrini

Sta aumentando l’interesse intorno al processo di riforma della legislazione venatoria delle Marche, attualmente in fase di esame da parte dell’Assemblea legislativa. L’iniziativa, avviata con proposta di legge 243 della Giunta Regionale, prevede una serie di modifiche da apportare alla legge n.7/1995 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria). Tale azione, oltre ad essere ispirata dalla necessità di aggiornare la legislazione con l’evoluzione del quadro normativo nazionale, sarebbe anche tesa a prendere in considerazione gli importanti cambiamenti manifestati negli ultimi anni nel contesto ambientale, sociale, economico ed amministrativo.

È noto, infatti, come l’incremento delle densità di alcune specie – cinghiale e lupo – e il decremento di altre, prima fra tutte l’avifauna migratrice, abbia determinato una variazione importante degli equilibri ecologici. Parimenti anche gli effetti sulle attività antropiche hanno subito delle significative conseguenze. A titolo di esempio, sarebbe sufficiente ricordare come nel 2010 i risarcimenti danni al livello regionale si attestassero in circa 800 mila euro mentre oggi superano 1,4 milioni, con un incremento dell’80%.

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In tale contesto l’attenzione degli agricoltori marchigiani si è, però, concentrata soprattutto sulla paventata possibilità che, proprio in tema di danni causati alle colture, venga approvata il termine “INDENNIZZO” anziché il più ovvio e confacente “RISARCIMENTO”. Un aspetto solo all’apparenza grammaticale, ma che in realtà andrebbe a modificare sostanzialmente il senso della questione. Il concetto di risarcimento, infatti, sarebbe l’unico a garantire la giusta considerazione all’attività imprenditoriale ed economica dell’aziende permettendo un ristoro quanto più possibile in linea con il danno effettivamente subìto.

Proprio su questo aspetto si sta anche alimentando una protesta, più o meno organizzata, che vede un invio massivo di lettere e petizioni rivolte alla Giunta ed al Consiglio Regionale delle Marche al fine di scongiurare tale ipotesi. Richieste basate sulla consapevolezza che l’agricoltore, trovandosi suo malgrado costretto a nutrire animali di proprietà dello stato (selvaggina) che poi saranno prelevati da cacciatori, non possa essere gravato anche di tutti gli altri effetti negativi che tale situazione crea (cinghiali che rovinano le culture, lupi che assalgono il bestiame, etc..) .

Sempre a tal proposito anche Confagricoltura Ancona ha sottolineato come troppo spesso in questi anni si sia dimenticato del ruolo degli imprenditori agricoli ogni qual volta si sia trattato di affrontare le questioni venatorie.

“Se non ci fosse che coltiva, alleva e si occupa della manutenzione e della cura di campagne e boschi – riporta in una nota l’associazione – praticare l’attività venatoria sarebbe ancora più difficile. Per questo motivo una qualsiasi modifica della legge sulla caccia in termini ancor più vessatori per il settore primario non potrebbe essere accettata”. Sempre sulla questione Confagricoltura ha anche ricordato come al momento la norma dovrebbe essere ferma in commissione e, secondo autorevoli fonti di Regione Marche, il rischio che passi la linea dell’indennizzo del danno subito anziché quello del risarcimento dovrebbe essere stata sventato.

Ovviamente, trattandosi di un percorso ancora in divenire, l’evoluzione della questione non può essere ancora ritenuta scontata, pertanto si prevede che l’attenzione sulla questione resterà ancora alta per settimane.

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