Il dipendente pubblico può aprire una partita Iva agricola

Importante sentenza del Consiglio di Stato che salvaguardia il diritto connesso alla proprietà di un terreno
Attualità
di Alberto Maria Alessandrini

Sarà destinata a fare giurisprudenza la recente sentenza del Consiglio di Stato in tema di partita Iva agricola e pubblico impiego. Secondo i giudici amministrativi, infatti, l’apertura di una partita Iva da parte di un dipendente pubblico, inclusi i militari, è perfettamente compatibile con lo status lavorativo, a patto che sia strettamente legata a un’attività agricola non professionale e ad uso personale o familiare. La pronuncia chiude, non solo un contenzioso specifico che aveva visto protagonista un appartenente alle forze armate, inizialmente sanzionato per aver coltivato un oliveto di sua proprietà, ma stabilisce un principio che troverà applicazione in molti altri casi.

La vicenda ha inizio nel 2017, quando un maresciallo capo della Guardia di Finanza viene sanzionato con quattro giorni di “consegna” per aver mantenuto, dal 2008, una partita Iva necessaria per la coltivazione di un oliveto. Nonostante il militare avesse spiegato che l’attività era per il solo fabbisogno familiare (produzione di olio da olive dei propri terreni) e senza finalità commerciali, l’Amministrazione lo aveva invitato a chiudere la partita Iva, considerandola in conflitto con le norme che regolano le attività private dei dipendenti del corpo (divieto del c.d. doppio lavoro).

Questo ha quindi fatto ricorso al TAR del Lazio, che ha accolto le sue ragioni, annullando la sanzione. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Comando generale della Guardia di Finanza hanno presentato appello, portando il caso al Consiglio di Stato.

I giudici di seconda istanza, però, hanno respinto le osservazioni del Ministero, confermando la legittimità dell’operato del maresciallo. Nella sentenza, viene sottolineato come l’apertura della partita Iva fosse funzionale a un’attività agricola non professionale, che può rientrare tra quelle esplicitamente vietate ai dipendenti pubblici. La legge, infatti, proibisce l’esercizio del commercio e dell’industria, ma non dell’agricoltura.

La pronuncia ha evidenziato che l’attività agricola, in questo caso, è un diritto connesso alla proprietà del terreno, tutelato dalla Costituzione e dalle norme europee. Non permettere a un proprietario di curare il proprio fondo e trarne un reddito, anche minimo e non commerciale, equivarrebbe a limitare ingiustificatamente il diritto di proprietà, cosa che non avviene per altri beni immobili come gli immobili dati in affitto e messi a reddito.

In sostanza, la sentenza stabilisce che il principio di esclusività del lavoro pubblico non è violato se l’attività agricola è ancillare e serve a gestire al meglio i beni di proprietà. Questa decisione segna un punto a favore della conciliazione tra doveri professionali e diritti personali, riconoscendo la legittimità di attività come la coltivazione di un terreno per uso non commerciale anche per i dipendenti della pubblica amministrazione.

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