Dopo settimane con condizioni metereologiche altalenanti, la recente tregua concessa dall’alta pressione ha ufficialmente avviato la campagna di fienagione 2025. Un’attività divenuta sempre maggiormente rilevante, non tanto per la reale redditività, quanto soprattutto a causa degli obblighi di rotazione ai terreni imposti dalla Pac.
Più di 70 mila gli ettari destinati alla produzione di foraggi, fra erba medica, prati stabili, loietto ed altre essenze. Una produzione importante che pone la nostra regione fra i primi posti a livello nazionale.
Sono oltre la metà i campi dove le falciatrici sono già entrate in campo, con l’obiettivo di concludere il processo di raccolta a breve. Buone le previsioni sulle rese dove, grazie alle abbondanti piogge primaverili alternate a giornate di sole, non sarà difficile superare i 50/60 quintali ad ettaro di prodotto pressato. Altalenante la qualità degli erbai, anche a causa della forte presenza di avena, soprattutto sugli impianti con oltre due anni di età.
Fondamentale in questa fase, sarà un adeguato trattamento del prodotto a terra, con frequenti movimentazioni per garantire una corretta asciugatura resa altrimenti difficoltosa dall’umidità notturna. Del resto, quest’anno, la stagione si è avviata con qualche settimana di anticipo rispetto al 2024 in presenza di condizioni non sempre ottimali per una corretta essiccazione del fieno. Tale anticipo. però, permetterà di ottenere, dei secondi tagli (soprattutto di erba medica) sicuramente più abbondanti e di migliore qualità rispetto alle passate stagioni.
Nota dolente il prezzo, con quotazioni ancora abbastanza basse (circa 6/7e euro al quintale per il primo taglio) che, se non farà gioire i produttori, permetterà almeno di far tirare un sospiro di sollievo a quei pochi allevatori ancora rimasti nella nostra regione. La circostanza più singolare, infatti, resta la perdurante contraddizione presente nelle Marche che da un lato sono fra le prime regioni per produzione di foraggi mentre, al tempo stesso, si collocano in fondo ad ogni classifica nazionale quando si tratta di allevamenti. Una triste situazione divenuta ormai strutturale che di sicuro agevola la vicina Emilia Romagna (principale acquirente del nostro fieno), ma che dovrebbe indurre a qualche seria riflessione sui motivi per cui si sia voluto abbandonare questo settore nelle Marche.