Fagiolini, difficoltà crescenti in una regione leader

Clima sfavorevole e assenza di aiuti agli agricoltori frenano una produzione fondamentale per gli stabilimenti marchigiani
Economia
di Giorgia Clementi

Il fagiolino è una delle colture più delicate e impegnative dell’orticoltura italiana. Nonostante il ruolo strategico che questa produzione riveste per gli stabilimenti di trasformazione nelle Marche, la coltivazione continua ad affrontare difficoltà crescenti, legate da un lato agli effetti del cambiamento climatico e dall’altro a una visione politica che, secondo alcuni operatori, non incentiva adeguatamente gli agricoltori.

Ne abbiamo parlato con Giampaolo Pettinari presidente della Orto Verde, Covalm – Coltivatori Ortofrutticoli Valli delle Marche – che da oltre vent’anni coordina una filiera articolata in diverse regioni italiane per la produzione e trasformazione di ortaggi destinati sia al mercato fresco che alla surgelazione, e Andrea Pettinari, presidente di Confagricoltura Macerata.

Due epoche di semina, ma il caldo di giugno ha colpito duro

Giampaolo Pettinari
Giampaolo Pettinari

Come spiega Giampaolo Pettinari, sono due i momenti dell’anno in cui si semina il fagiolino: una fase primaverile e una estiva-autunnale. La prima, in particolare, ha risentito pesantemente delle condizioni climatiche di inizio estate: “l’ondata di calore di giugno ha compromesso parte delle semine, già messe a dura prova dalla siccità”. La fase autunnale è attualmente in corso: “una parte è già seminata – aggiunge – ma molto dipenderà dal meteo delle prossime settimane. Serve un clima favorevole per assicurare una buona resa”.

Il fagiolino, infatti, è una coltura che soffre la siccità e che richiede una gestione agronomica precisa, soprattutto in termini di irrigazione. A differenza di altri ortaggi a foglia, come bietole e spinaci, che beneficiano di inverni miti, il fagiolino ha bisogno di abbondanti riserve idriche e un equilibrio climatico sempre più difficile da ottenere.

Una filiera attiva, ma penalizzata

Covalm coordina oltre 600 soci agricoltori distribuiti in sei regioni italiane, tra cui Marche, Umbria, Lazio ed Emilia-Romagna. I due stabilimenti di lavorazione di Senigallia e Rotella – gli stessi impiegati anche per piselli e borlotti – rappresentano un’infrastruttura importante per il territorio, anche grazie agli investimenti effettuati negli anni con il sostegno della Regione Marche.

Il paradosso – spiega Andrea Pettinari – è che mentre la Regione ha finanziato gli impianti per incentivare lo sviluppo della filiera, non ha previsto strumenti di sostegno continuativo agli agricoltori, in particolare su una coltura impegnativa come il fagiolino”.

Un confronto con l’Umbria evidenzia la discrepanza: “lì gli agricoltori ricevono 700 euro di contributo se aderiscono ai disciplinari di lotta integrata, e questo rappresenta un prerequisito fondamentale per chi decide di coltivare fagiolini. Nelle Marche, invece, questa misura non esiste, nonostante le difficoltà siano identiche”. Il risultato? Gli stabilimenti marchigiani sono spesso costretti a reperire prodotto in Umbria o addirittura nel Lazio, con un impatto evidente sulla filiera locale. “È mancata una visione d’insieme – sottolinea Pettinari -: si è pensato a costruire, ma non a garantire continuità. Oggi manca l’incentivo perché un agricoltore scelga di coltivare fagiolini qui”.

Equilibrio tra investimenti e coltivazione

Il caso del fagiolino evidenzia così quanto sia importante trovare un equilibrio tra le infrastrutture di trasformazione e il sostegno alla coltivazione. Le condizioni climatiche sempre più variabili e l’impegno richiesto da questa coltura rendono necessario un approccio coordinato, che tenga conto delle esigenze sia industriali che agricole.

Nel frattempo, il lavoro dei produttori e delle cooperative continua a garantire la qualità e la continuità di una filiera che, nonostante le difficoltà, rimane strategica per il comparto orticolo della regione.

 

Tags: Covalm, fagiolino, in evidenza, Orto Verde

Suggeriti

TreValli Cooperlat, nuovo impianto UHT nel piano di investimenti da 7 milioni

Da leggere