Fertilizzanti, ecco perché i prezzi salgono ancora

Un'analisi dello scenario internazionale per capire la dinamica dei prezzi. A partire da un dato: la domanda supera l'offerta
Economia
L’aumento del prezzo dei fertilizzanti è un problema particolarmente sentito anche dalle aziende agricole marchigiane. Ed è un problema che ha dimensioni mondiali. Per capire dinamiche e prospettive future ecco un contributo offerto da Confagricoltura.
di Francesco Bellizzi

La Banca Mondiale prevede per fine anno una crescita di 7 punti percentuali per i prezzi degli input chimici, e l’eccesso di domanda complica la ricerca dell’Ue di fornitori alternativi dopo i nuovi dazi all’export di Mosca e Minsk.

Nel primo trimestre del 2025 il prezzo dei fertilizzanti è cresciuto di ben 6 punti percentuali, dopo l’illusione dell’anno scorso di una sua stabilizzazione. L’anno si dovrebbe chiudere con un +7% rispetto al 2024, in attesa di una stabilizzazione attesa per l’anno prossimo, grazie all’annuncio dell’aumento produttivo in Medio Oriente e Asia. Ma il condizionale è d’obbligo, dato che questi dati, pubblicati dalla Banca Mondiale nel suo Commodity Markets Outlook 2025, risalgono a pochi giorni prima di un evento che potrebbe cambiare molte delle attuali dinamiche di mercato: l’evoluzione della guerra tra Israele e Iran, con missili che hanno sorvolato i cieli dei principali Paesi coinvolti nel mercato globale dei fertilizzanti.

Da inizio anno a marzo l’incremento, così come certificato ad oggi, porta la quotazione degli input chimici per l’agricoltura ad un livello di circa l’11% superiore rispetto all’anno scorso (e al di sopra dei livelli 2015-19). Le cause principali sono l’aumento della domanda di urea da un lato, e le restrizioni alle esportazioni (soprattutto cinesi) dall’altro.

Dietro questi due fattori c’è la dinamica dei prezzi del gas naturale, in crescita già da tempo, e destinati ad aumentare a causa delle incertezze geopolitiche. Aumenta il costo dell’azoto – e quindi dell’urea – del 12% nel corso dei primi tre mesi dell’anno, raggiungendo, sottolinea l’outlook della Banca Mondiale, quasi il +20% rispetto all’anno scorso.

Nel 2024 la domanda ha superato l’offerta di questo prodotto a causa dell’impennata di acquisti da India e Brasile rispetto ad una produzione in frenata del 90%, proprio a causa della riduzione “ritorsiva” applicata dalla Cina al proprio export.

La conseguenza è uno sbilanciamento del rapporto tra prezzo dell’urea e quello dei prodotti alimentari (il cosiddetto “indice di accessibilità”, ndr.) raggiungendo a marzo i livelli più alti degli ultimi 16 mesi. Cresce anche il prezzo del fosfato di ammonio (DAP) del 5% il quale dovrebbe raggiungere il +6% a fine anno. Anche in questo caso, le cause sono da ricercare nei dazi sulla Russia e nelle restrizioni (-10% nel 2024) che Pechino ha applicato sulle esportazioni di fosfati a tutela della domanda interna destinata alla produzione di batterie.

Gli effetti dell’incremento si registrano in particolare in Europa dove si procede con la sostituzione delle importazioni da Russia e Cina con quelle (più costose) da Arabia Saudita, Marocco e Usa.

Aumenti in corso anche per il cloruro di potassio (MOP), che segna +12% nel primo trimestre dell’anni in corso, pari a +8% rispetto al 2024. La disponibilità di questa componente resta su livelli di sicurezza, anche perché per l’export di potassio russo, non soggetto a sanzioni, l’anno scorso è aumentato del 70% rispetto all’anno precedente.

Siamo davanti ad un paradosso: aumenta la dipendenza dai fertilizzanti azotati russi proprio nella fase più acuta dell’invasione di Putin in Ucraina, con il conseguente acuirsi della guerra commerciale con l’Ue. I numeri di marzo parlano di un’importazione in Ue di fertilizzanti russi per un valore di 206 milioni di euro (+15% rispetto al mese precedente e rispetto allo stesso periodo del 2024).

Complessivamente, questa voce rappresenta il 26% dell’import di fertilizzanti nel Vecchio Continente. Ma le cose sono destinate a cambiare con i dazi approvati dalla commissione per il Commercio del Parlamento europeo a metà maggio 2025: entro il 2028 si arriverà ad una tariffa sui fertilizzanti di Mosca di 430 euro per tonnellata. Al netto delle giuste ragioni del provvedimento, gli effetti sui Paesi dell’Unione non saranno indifferenti. La Russia non resterà a guardare e potrebbe reagire aggredendo i suoi 12,4 miliardi di euro di importazioni dall’Ue, in particolare di macchinari e prodotti farmaceutici.

Inoltre, le esportazioni russe continueranno a essere dirottate dall’Europa verso Brasile e India; dopo l’approvazione del nuovo pacchetto di sanzioni Ue, sia Minsk che Mosca hanno iniziato a guardare ai mercati asiatici. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), con i nuovi dazi l’Ue deve essere pronta ad un ulteriore aumento dell’1,2% dei costi per gli input chimici, e ad un +0,4% per i prezzi dei prodotti alimentari. In linea con tale previsione, la Bce prevede che l’inflazione spingerà i prezzi al consumo ad un +2,1%. I Paesi più colpiti saranno Germania e Polonia. Meno impattata sarà la Francia, il cui import dipende dalla Russia soltanto per il 3% – non a caso, quella di Parigi è forse la posizione più dura nei confronti del Cremlino -. Anche l’Italia e la Slovenia sono nell’occhio del ciclone.

Si tratta di problemi condivisi anche con il resto dell’Unione, che deve fare i conti con una produzione interna di fertilizzanti azotati che nel 2024 ha raggiunto soltanto gli 8,7 milioni di tonnellate; davvero poco rispetto al fabbisogno reale di 24,9 milioni. Le cause sono strutturali: impianti non efficienti e riduzione di import di gas naturale russo e conseguente incremento dei costi energetici.

Anche per questi motivi, l’Ue punta a potenziare gli scambi con fornitori alternativi a Mosca, ossia Marocco, Norvegia, Egitto, Qatar e Canada. Ma il processo di sostituzione dell’import da Russia e Bielorussia è una strada stretta e in salita. L’Egitto, ad esempio, esporta in Ue già il 60% della propria produzione di fertilizzanti azotati (pari al 19% delle importazioni europee), mentre il Marocco (Paese che soddisfa il 12% del nostro fabbisogno) è molto forte sui prodotti a base di fosfati, ma meno sul nitrato di ammonio e sull’urea.

Come se non bastasse, il recente scontro tra Israele e Iran rischia di complicare ancora di più la ricerca europea di mercati alternativi. Tra questi, proprio l’Egitto, il quale – visto il rischio che stanno correndo le tratte marittime del gas naturale – ha temporaneamente sospeso le attività industriali più energivore, come gli impianti per la produzione di fertilizzanti azotati. Stesso discorso per il Qatar che, con il Canada, risulta comunque essere un’opzione meno strategica a causa della distanza geografica che fa schizzare in alto tutti costi, diretti e indiretti.

Tags: confagricoltura, fertilizzanti, in evidenza, urea

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