Annata difficile per il girasole marchigiano, con una raccolta che conferma le preoccupazioni degli agricoltori. Tra rese inferiori alle attese, ritardi nella trebbiatura e superfici coltivate in calo, la coltura simbolo dell’estate nelle campagne regionali mostra tutta la sua fragilità.
A fare il punto è Francesco Paccagnani, agente del Consorzio Agrario di Ancona per la zona di Morro d’Alba, Jesi e la Val Cesano.
Resa in calo e un mese di ritardo
“Quest’anno siamo arrivati a 18-20 quintali per ettaro, con un calo del 35% rispetto al 2024” spiega Paccagnani. “Le difficoltà sono iniziate già dalla semina, che a causa del maltempo è slittata alla fine di aprile quando normalmente le semine iniziano già dalla seconda metà di marzo. I terreni spesso lavorati in condizioni non ottimali e la stagionalità piuttosto umida hanno fatto il resto, ritardando la trebbiatura di oltre un mese: abbiamo raccolto a settembre, quando in genere il girasole si raccoglie già dalla seconda metà di agosto”.
Il ritardo non è solo un problema di calendario: “Abbiamo trebbiato l’80% dei quintali tutti a settembre, con meno ore di sole e un clima più umido che ha reso il lavoro complicato sia per gli agricoltori sia per noi stoccatori. Ma soprattutto – sottolinea Paccagnani – i tempi di raccolta sono andati a scontrarsi con quelli delle semine future. I terreni non sono ancora pronti e rischiano di essere mal preparati per il grano, essendo questa la coltura che normalmente si avvicenda al girasole”.
Il quadro tecnico: luci e ombre
Le rese sono state inferiori, ma non mancano elementi positivi. “Il peso specifico è stato molto alto: quest’anno i cassoni dei camion, che normalmente contenevano fino a 29 tonnellate, sono arrivate a contenerne anche fino a 33.. È un segnale di qualità, anche se non basta a compensare la perdita di quintali per ettaro” commenta Paccagnani.
Dal punto di vista agronomico, afferma: “Serve una concimazione più mirata. L’Urea da sola non basta: occorre fosforo alla semina per garantire rese migliori e nutrire il terreno, che è stanco per le strette rotazioni delle colture. Inoltre abbiamo riscontrato problemi di malattie fungine come l’oidio in alcune zone, che confermano la necessità di difese più efficaci e varietà più resistenti”.
Va ricordato inoltre che il girasole resta una coltura importante non solo per l’economia agricola marchigiana, ma anche per il suo paesaggio. Quest’anno, però, sono stati seminati il 20% di ettari in meno: “Meno quintali, meno superfici, più difficoltà” conclude. “Così rischiamo di perdere una delle poche colture da rinnovo rimaste. Occorre ripensare la gestione del girasole e garantire agli agricoltori strumenti adeguati per valorizzarlo”.