Gli agricoltori protestano, chi li dovrebbe tutelare li sbeffeggia

Settore primario in crisi, negando l'evidenza non si fa un bel servizio
Attualità
di Alberto Maria Alessandrini

L’indimenticato Roberto Gervaso sosteneva che l’intellettuale italiano ama la protesta, ma ancor di più il potere di chi quella protesta la provoca. Con le dovute proporzioni è proprio questo a cui stiamo assistendo oggi dopo che alcuni agricoltori, riuniti in comitati spontanei, stanno manifestando in tutta Italia. Perché se, da un lato, onestà intellettuale impone di constatare come al momento non sia arrivata una risposta paragonabile alle proteste viste in Francia e Germania, è altrettanto vero che le reazioni che tali movimenti hanno provocato dovrebbero fare riflettere. Ancor più quando si realizza che i principali detrattori degli agricoltori che manifestano sono, spesso, proprio alcuni loro colleghi rappresentanti di organizzazioni nate (in teoria) per tutelarli.

Non stupisce quindi come la frustrazione sempre più forte che affligge un intero settore non solo non venga più nascosta, ma venga anche indirizzata verso un certo modo di rappresentare gli interessi della categoria. Perché se è vero la fiducia dei cittadini, agricoltori inclusi, nei confronti della classe politica non è mai stata elevata, è forse ancor più interessante notare come la medesima disaffezione stia dilagando anche nei confronti di molte organizzazioni. Realtà che, nonostante dovrebbero essere portate avanti da agricoltori che fanno gli interessi dei propri colleghi, sempre più vengono viste come parte di quel sistema distante e distaccato complice del declino del settore primario nazionale.

Indipendentemente dal fatto che si tratti di una tendenza reale o meno, certamente alcune dichiarazioni rilasciate dai leader nazionali di alcune organizzazioni, di sicuro, non potranno che rafforzare tali convinzioni. Una rappresentazione delle campagne italiane come fossero il paese di Bengodi in cui tutto fila liscio con un benessere dilagante ed un sistema burocratico amico, forse, non parrebbe essere la risposta migliore per smorzare gli animi e contrastare le tesi dei manifestanti. Così come le condanne e le prese di distanza nei confronti di chi, in questi giorni, ha sottratto del tempo alla propria azienda per denunciare una situazione quasi al collasso non può essere la risposta che alcuni vorrebbero far passare all’opinione pubblica. In un momento del genere, infatti, chiunque viva del lavoro della terra, indipendentemente dal credo politico e dalla tessera, dovrebbe in primo luogo solidarizzare con chi manifesta e, solo dopo, riflettere su quali siano le modalità migliori per ottenere il risultato sperato.

La storia ci insegna che difficilmente, soprattutto in Italia, le rivoluzioni vengono dal basso così come dovremmo sapere che i regimi democratici (imperfetti, ma certamente migliori di qualsiasi altra forma di governo fino ad ora testata) necessitano di meccanismi decisionali complessi e corpi intermedi capaci di orientarli. E in un sistema del genere il ruolo delle organizzazioni datoriali e di categoria dovrebbero dovrebbe essere questo.

A tal proposito interessante la posizione di Confagricoltura Ancona, il cui presidente Antonio Trionfi Honorati ricorda come non si possa che “condividere l’esasperazione degli agricoltori che sta animando le manifestazioni di questi giorni. Le accese critiche contro la politica del set-aside o verso l’irrazionale messa al bando dei prodotti fitosanitari sono stati, ad esempio, solo alcuni degli aspetti contro i quali la nostra organizzazione si è sempre battuta”. E in riferimento a chi sta criticando aspramente le manifestazioni il presidente di Confagricoltura Ascoli Piceno e Fermo Mauro Acciarri aggiunge che “già ignorare quello che avviene sarebbe da miopi, ma scagliarvisi addirittura contro denota una grande malafede. Questo è il momento per far sentire la propria voce ed i modi per farlo sono tanti e tutti corretti: si può scegliere la via della piazza, ma anche quella dei tavoli di confronto con le istituzioni competenti dove portare avanti certe istanze con fermezza e senza compromessi. Non esiste un’unica soluzione, quello che serve è la collaborazione trasversale con l’obbiettivo di fare l’interesse delle aziende agricole e non solo di qualche rappresentante di queste. Sarebbe troppo facile limitarsi a filosofeggiare”.

Una situazione complessa che trova alla base il primario fra tutti gli istinti, quello di sopravvivenza. Il centinaio di agricoltori che ieri manifestavano a Civitanova Marche, ad esempio, lo hanno proprio fatto spinti dalla necessità di voler continuare a vivere dignitosamente del proprio lavoro. Stesso istinto di sopravvivenza che spinge certi altri agricoltori (che magari hanno smesso di fare gli imprenditori grazie alle indennità che cappellini e sciarpe dai colori sgargianti gli hanno garantito) a dissociarsi da ogni forma di protesta a prescindere.
Da quale parte starà la ragione si vedrà solo con il tempo. Quello che è sicuro che fino a che si preferirà blandire il potere, anziché confrontarsi con esso in modo fermo, coerente e serio, la strada non potrà che essere in salita.

Tags: in evidenza, protesta, trattori

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