Il Pisello di Montesanto, che germoglia nell’ovatta e si conserva nelle anfore

Attualità

In passato tutti gli agricoltori delle campagne di Potenza Picena coltivavano il tipico Pisello di Montesanto. Il nome stesso, “Montesanto”, riporta l’antica denominazione della città di Potenza Picena, chiamata in questo modo fino al 1862. Il prodotto tipico tramanda lo storico nome, ma anche un passato fatto di pratiche contadine minuziose e di piccole realtà a conduzione familiare che, con attenzione, coltivavano i piccoli semi sferici. Un prodotto povero ma dolcissimo, esportato nel resto d’Italia ed al quale era dedicata anche una sagra che lo ha ricordato al territorio fino al 1965.

La storia agricola del piccolo legume è però cambiata nel corso degli anni, per una serie di fattori, in primis l’arrivo di un mercato del lavoro diverso che ha convinto numerosi agricoltori ad abbandonare la coltivazione del pisello, ricca di tradizione ma povera di rendita, in favore di lavori nel settore edile e dei trasporti.

L’Azienda Mamma Viola custode del prodotto

Fabrizio Meschini , Azienda agricola Mamma Viola

A coltivarne oggi è così rimasta solo l’Azienda Agricola Mamma Viola, con Fabrizio Meschini a tramandarne la presenza sul territorio. Fabrizio è agricoltore custode del Pisello di Montesanto dal 2019, l’anno in cui ha dato vita alla sua azienda dopo aver avuto in passato un negozio di frutta e verdura. “La mia famiglia li possiede dal 1952. Quando tutti hanno smesso di piantarlo, i miei genitori hanno continuato a coltivarne per casa. Io conoscevo il prodotto ma quando nel ’90 ho aperto il negozio era già stato dimenticato da molti. Si sapeva di questo legume, ma nessuno pensava ve ne fosse ancora traccia”.

Da lì, l’interesse dell’Amministrazione comunale che si è attivata chiedendo a Fabrizio  alcune informazioni con la volontà di recuperarlo. La valorizzazione del prodotto è iniziata passando per l’ex Assam (oggi Amap) che, dopo aver prelevato un campione di seme, ed averne attestato l’autenticità, lo ha iscritto al Registro della Biodiversità agraria della Regione Marche.

Legume dalla semina minuziosa

Semina Pisello di Montesanto

Come insegnato a Fabrizio da mamma Viola (con lui nella foto), la semina segue metodi ed accortezze puntuali. Per prima cosa il periodo che, come vuole la tradizione, segue la cadenza delle lune, con una prima semina la seconda luna di novembre ed una seconda semina a febbraio.

Ma il tutto inizia da prima, quando a settembre si dà il via alla preparazione del terreno. “Vengono fatti i solchi a mano: 32 file a 100 metri di distanza l’una dall’altra – afferma Meschini. Uso il filo per andare dritto come si faceva in passato. Quando si inizia la semina invece, metto 5 o 6 semi già germogliati in ogni fossetta”.

Come spiegato infatti, vista la delicatezza del prodotto ed una quantità di raccolto variabile a seconda delle stagioni, i semi vengono messi a terra con la maggiore garanzia possibile di crescita. Così, ogni anno “vengono presi 100 semi da quelli conservati e vengono fatti germogliare nell’ovatta prima di essere piantati a terra”.

Raccolta a mano e conservazione “in anfora”

La raccolta viene fatta esclusivamente a mano, “in ginocchio – aggiunge – perché le piante arrivano massimo ad

Pisello di Montesanto, raccolta

una 60ina di centimetri di altezza”. Nelle buone stagioni il raccolto si aggira intorno ai 15 quintali di piselli. Vengono venduti freschi presso il puno vendita dell’azienda, mentre il prodotto che rimane invenduto viene poi convertito in salse, zuppe o sughi, “così da rimanere sul mercato più o meno tutto l’anno”.

Uno dei filari viene invece lasciato due mesi in più per far essiccare i semi in pianta. Una volta raccolti vengono sgranati ed esposti al sole. Selezionati i migliori, essi vengono riposti in delle anfore e messi in congelatore per circa 15/20 giorni, così da uccidere eventuali batteri presenti all’interno del seme. “Dopo questa procedura quei semi sono ripiantabili anche dopo più di 5 anni”.

Il tradizionale gemellaggio, seppia e piselli

Quello delle seppie e dei piselli è forse uno degli accostamenti più rivendicati dalle città della Costa Adriatica. Nessuno sa chi sia stato il primo ad unire il mollusco dai dieci tentacoli ai piselli, ma la dolcezza dei legumi accostata alla sapidità della seppia è stata la chiave vincente per l’ormai nota ricetta.

Ed il Pisello di Montesanto non poteva che essere, in questo senso, una delle migliori varietà da unire alle seppie pescate nel porto a neanche dieci chilometri di distanza. “Qui abbiamo il mare – conclude Meschini. – C’erano le seppie e questi piselli dolcissimi, così è nato questo gemellaggio”.

Un’altra tipica ricetta infine, li vuole accostati a pancetta e maggiorana.

Sfoglia gratuitamente Marche Agricole cliccando qui.

 

Tags: agricoltore custode, in evidenza, pisello di Montesanto

Suggeriti

Due milioni per la riconversione e la ristrutturazione dei vigneti
Grano duro delle Marche, come sostenere la filiera

Da leggere