Quaderno di Campagna: chi difende davvero gli agricoltori?

C'è chi lo ha subito osteggiato denunciando aggravio di costi e burocrazia e chi, invece, ci ha visto un'opportunità: ma non per le aziende agricole, bensì per i propri bilanci!
Attualità
di Alberto Maria Alessandrini

Il campanilismo è, forse, fra i mali atavici di questo paese. Una continua e costante frammentazione e divisione fra parti, fazioni e gruppi che, di certo, non sempre giova all’intero sistema. Ma se alcune, tradizionali, divisioni tra regioni confinanti, squadre di calcio rivali o partiti politici contrapposti sarebbero perfettamente comprensibili, lascia sgomenti come anche su alcune questioni specifiche di settore possano esserci delle visioni totalmente antitetiche. L’agricoltura, in questo, è regina ed in particolare alcuni rappresentanti di questo mondo, sempre più scollati dalla realtà che vivono i propri associati.

Esempio evidente è l’approccio alla questione dell’ormai celebre “Quaderno di Campagna elettronico”, quell’invenzione burocratica che prometteva di digitalizzare l’agricoltura italiana, salvo trasformarla in una sorta di videogioco a livelli di difficoltà crescente. Anche su di un argomento come questo, da un lato un vasto mondo fatto di imprese, singoli, associazioni e tecnici che, fin da subito, ha messo in guardia il legislatore dalle difficoltà applicative e dai costi ulteriori a carico delle aziende agricole mentre, dall’altro, chi sembrerebbe averci visto un’occasione d’oro: non per gli agricoltori, ma per i propri bilanci.

Molte realtà associative (con Confagricoltura in prima linea), ma anche agronomi, tecnici dei Caa e semplici agricoltori, in questo scenario, hanno infatti denunciato l’ennesimo adempimento che non avrebbe semplificato nulla. Un aggravio insensato, un “click” in più sulle spalle di chi, invece di compilare moduli, dovrebbe stare in campo a produrre. Un movimento di opinione forte, basato sul buon senso e sulla logica, che ha di fatto portato alla proroga al 1° gennaio 2027 dell’applicazione della nuova normativa, grazie anche ad un’operazione sindacale ben coordinata. Un risultato concreto che non rappresenta una vittoria quanto una prima tappa per dare fiato alle aziende agricole soffocate da norme pensate più per gli uffici ministeriali che per la terra vera.

Sul fronte opposto, però, vi è stato anche chi ha preso fin da subito una posizione decisamente più… imprenditoriale. Quella che per molti appariva come costosa burocrazia da qualcun altro veniva venduta come “opportunità” e “modernizzazione”. Parole affascinanti che celerebbero, però, semplicemente un redditizio servizio a pagamento per la gestione del Quaderno gestito direttamente da chi dovrebbe fare l’interesse delle imprese e non dei propri bilanci. Non più organizzazione “amica del Paese”, quanto piuttosto abile centro di interessi economici.

Insomma, la semplificazione sì, ma solo se fatturabile. Con buona pace delle aziende agricole, della loro gestione e delle difficoltà connesse ad una eccessiva burocratizzazione di ogni singolo aspetto. Ed è stato così che sono fiorite offerte per l’acquisto di software, servizi di supporto alla compilazione, pacchetti a pagamento di ogni sorta giustificati dalla funzione salvifica di questa nuova modernizzazione.

Un tripudio di programmi a pagamento da vendere ai propri soci e clienti subito interrotto, però, nel momento in cui il governo ha annunciato la proroga. Un miracolo agricolo degno di nota: la conversione sulla via del protocollo informatico. E quegli stessi soggetti che fino al mese prima tenevano convegni e comizi per spiegare la necessità del nuovo “Quaderno di Campagna elettronico” eccoli ora gioire del suo rinvio provando, anche, ad intestarsene il merito.

Un atteggiamento deleterio che sta sempre più dividendo il settore agricolo, e la sua rappresentanza, fra chi difende davvero i produttori e chi tutela il proprio business (e le laute indennità di segretari generali e presidenti).

Tags: in evidenza, Quaderno di campagna

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