Il paventato divieto di utilizzo dell’urea a partire dal 1° gennaio 2028, il fertilizzante minerale azotato più diffuso a livello globale per la sua alta concentrazione di azoto, rischia di infliggere un colpo durissimo all’agricoltura italiana, causando una perdita stimata fino al 45% del valore della filiera cerealicola nazionale. E, giocoforza, le Marche risulterebbero una delle regioni più penalizzate, considerata la sua alta vocazione cerealicola, in particolare quella del grano duro.
Il dato è emerso da uno studio di Nomisma commissionato da Assofertilizzanti-Federchimica e presentato in occasione del 40° anniversario dell’associazione e della Giornata mondiale dei fertilizzanti. La ricerca definisce l’urea come una “commodity irrinunciabile per la produttività agricola”.
Crollo delle rese e impatto nullo sulle emissioni
Secondo Nomisma, l’eliminazione dell’urea comporterebbe un sensibile calo delle rese. In particolare, solo per restare sulle produzioni tipiche della nostra regione, comparando la statistica effettuata, la riduzione sarebbe:
-25% per il grano duro;
-17% per il grano tenero;
-36% per il mais.
Lo studio evidenzia, inoltre, come l’impatto ambientale dell’urea sulle emissioni di gas serra sia marginale: solo lo 0,1% delle emissioni totali italiane e l’1,3% di quelle agricole. Di conseguenza, il suo divieto non sortirebbe effetti significativi sulla mitigazione dei gas climalteranti.
Le preoccupazioni
“Siamo preoccupati dal provvedimento perché non sono stati presi in considerazione i suoi effettivi impieghi e la sua indispensabilità per la filiera cerealicola,” ha dichiarato il presidente di Assofertilizzanti-Federchimica, Paolo Girelli. Girelli ha sottolineato che l’industria è già in grado di offrire “soluzioni innovative in grado di mitigare gli impatti ambientali dell’urea” e una vasta gamma di prodotti complementari per supportare gli agricoltori.
Insomma, l’urea, grazie al suo elevato contenuto di azoto, rimane un mezzo tecnico essenziale, soprattutto per le filiere cerealicole, garantendo rese adeguate e la qualità delle produzioni.