Prosegue la campagna di comunicazione per promuovere la Carta Nazionale dell’Uso da parte di Agea. Uno strumento innovativo nato con l’obiettivo di semplificare e velocizzare le procedure per gli agricoltori e di fornire dati preziosi per il sistema. Tale Carta, basata su avanzate tecnologie informatiche e sull’uso di dati satellitari, identifica con precisione ogni tipo di suolo, agricolo e non, a livello nazionale. Una tecnologia che dovrebbe velocizzare i pagamenti PAC grazie ad una mappatura dettagliata dei terreni così da rendere il calcolo degli aiuti più rapido e preciso.
Ma al netto degli effettivi risultati di tale nuovo strumento (basato su ortofoto aeree georeferenziate e suddivise in 13 strati tematici elementari) che saranno riscontrabili solo nel tempo, al momento sono molto interessanti i dati forniti con riferimento alla effettiva destinazione della superficie nazionale, agricola e non.
Ad esempio, dai dati del 2024 è emerso che le superfici urbanizzate coprono il 9,5% del totale (2.871.076 ettari) mentre quelle a seminativo sfiorano il 27% pari ad oltre 8.000.000 di ettari. Una vastissima area agricola che, sommata alle colture arboree ed ai prati stabili (pascoli, foraggere, etc..) fotografa un paese dove quasi la metà della superficie è tuttora curata, gestita ed amministrata dagli agricoltori. Un ruolo fondamentale prima ancora che per l’impatto economico soprattutto per quello sociale e territoriale.
Ancora più degni di nota i dati che riguardano i boschi, che coprono oltre un terzo dello stivale: Oltre 10.500.000 ettari di foreste, boscaglia e macchia mediterranea che, se sommati alle già citate coltivazioni arboree (2,3 %) alle viti (2,2%) agli uliveti (4,6%) e alle piantagioni di altro tipo (agrumeti, noccioleti, etc..), ci regalano un quadro tutt’altro che sconfortante anche solo in termini di Co2 assorbita ogni anno.
Interessanti ed utili anche i dati che riguardano la regione Marche. Attualmente, questa, custodisce circa 300.000 ettari di boschi pari al 3% del totale nazionale, quasi in linea alla vicina “verde” Umbria (molto spesso considerata polmone verde d’Italia ma che, in realtà, si ferma al 3,8%). A questa superficie si aggiungono poi 13.300 ettari di oliveti, 13.900 di vigneti ed oltre 18.000 ettari di coltivazione arboree di vario tipo.
Le aree urbane, invece, si fermano a 94.000 ettari complessivi. Il 3 % a livello nazionale, numeri relativamente contenuti rispetto ai 230.00 del Lazio (8%), ai 210.000 della Toscana o ai 168.000 della Campania ma superiori ad altre regioni simili per territorio ed estensione come Abruzzo ed Umbria.
A farla da padrone, però, anche nelle Marche sono le superfici agricole che ricoprono, con riferimento alle sole aree seminate a grano, girasole, mais, etc., oltre 407.000 ettari. Un’area vastissima che, sommata a tutte le altre tipologie di coltivazioni arboree ed ai pascoli, collocano la nostra regione ben sopra la media nazionale con oltre 503.000 ettari gestiti e custoditi direttamente dagli agricoltori marchigiani. Un numero che, calato sulla superficie regionale totale (936.000 ettari) rende evidentissimo un aspetto: oggi in questa regione oltre il 53% della superficie complessiva è curato, manutenuto e conservato da un agricoltore.
Percentuali che vanno ben oltre la media nazionale e dovrebbero indurre una qualche riflessione, se non altro alla luce del periodo elettorale che stiamo vivendo. In un’epoca in cui non si fa che parlare di lotta al rischio idrogeologico, contrasto alla cementificazione e gestione oculata delle risorse pubbliche, la classe dirigente, regionale e nazionale, quanto è realmente consapevole di questi numeri? I nostri amministratori, partendo dal più piccolo dei Comuni fino ad arrivare ai vertici ministeriali, hanno mai calcolato l’impatto economico positivo che già solo il semplice lavoro di manutenzione agricola del territorio ha sui conti pubblici? Cifre spropositate se rapportate ai modesti introiti che, mediamente, ottiene chi lavora in questo settore e che, forse, nemmeno la stessa Agea, che ha redatto il rapporto, ha ben compreso.
Ma soprattutto, essendoci oggi circa 20.000 persone impegnate nel settore primario, a discapito di oltre 1,4 milioni di abitanti marchigiani, siamo davvero convinti che la percezione della loro importanza da parte della comunità sia davvero compresa? Quell’uno per cento, o poco più, di soggetti che si sobbarcano un lavoro che avvantaggia il restante 98% per quanto ancora potrà reggere vedendosi calare dalle altre continue imposizioni da parte di soggetti che, con le campagne, hanno davvero poco a che fare?