Nel mondo agricolo, sempre più spesso, il lavoro viene svolto dagli addetti in condizioni di isolamento o lontananza da colleghi o altri soggetti. Basti pensare, ad esempio, a chi conduce un trattore in aperta campagna, controlla gli impianti di irrigazione (magari nelle ore notturne) o presidia allevamenti in zone lontane dal centro aziendale. Tante situazioni, apparentemente ordinarie, che rientrano nella definizione di “lavoro in solitaria”: una modalità operativa che comporta specifiche responsabilità per il datore di lavoro in materia di salute e sicurezza.
Per “lavoro in solitaria” si intende l’attività svolta in totale autonomia, senza la presenza o la supervisione diretta di altri colleghi o preposti. Non una nuova figura giuridica, quanto piuttosto una condizione operativa che può avvenire sia all’interno che all’esterno dell’azienda e riguarda non solo il settore agricolo, ma anche quello forestale e agroalimentare.
Il rischio principale è evidente: in caso di malori, infortuni o emergenze, il lavoratore non può contare su un intervento immediato. Per far fronte a ciò il sistema pone degli oneri in capo al datore di lavoro non esplicitati, però, in maniera particolare. Il D.Lgs. 81/2008 obbliga il questo a valutare e gestire tutti i rischi connessi all’attività, compresi quelli derivanti dalla solitudine operativa.
Specifica attenzione deve essere posta nella valutazione del rischio “solitudine”, che consideri la natura della mansione svolta, le condizioni ambientali del luogo di lavoro e le possibili conseguenze fisiche, ambientali e psicosociali.
Sulla base di questa valutazione, l’azienda dovrà adottare misure di prevenzione e protezione mirate, come ad esempio:
- dispositivi di comunicazione e allarme (radio, smartphone, GPS o sensori “uomo a terra”);
- procedure di controllo periodiche e sistemi di localizzazione;
- kit di pronto soccorso e dotazioni di sicurezza adeguate anche su mezzi o presso le sedi distaccate;
- formazione specifica del lavoratore su sicurezza, emergenze e gestione autonoma degli imprevisti.
Oltre a tali previsioni, però, non poteva mancare anche l’apporto (del quale forse, molti agricoltori avrebbero anche fatto a meno) di Inail ed Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) in tema di c.d. “supporto psicologico”.
Tali Enti, infatti, hanno sottolineano che la tutela del lavoratore isolato non può limitarsi ai soli strumenti tecnici abitualmente previsti. Altrettanto importante, infatti, sarebbe prevenire anche il rischio psicosociale legato all’isolamento prolungato, che può influire sulla lucidità, sul benessere mentale e sulla capacità di reazione del lavoratore.
Per questo motivo, viene “raccomandato” un accertamento medico specifico da parte del medico competente, per verificare l’idoneità psicofisica al lavoro in solitudine nonché attività di formazione sulle tecniche di autocontrollo e gestione dello stress. Integrazioni ulteriori alle già molte valutazioni ed oneri in capo al datore di lavoro alle quali aggiungere anche un confronto periodico tra il lavoratore e il referente aziendale per la sicurezza.
Misure senza dubbio apprezzabili ma che, per l’ennesima volta, addossano ulteriori responsabilità agli imprenditori agricoli già enormemente appesantiti dal contesto burocratico e normativo attuale.








