L’infanzia che non finisce mai

Ampelio Bucci - "L'infanzia infinita" -edizioni Affinità Elettive
Attualità
I libri della terra
di Antonio Prenna

“La nostra vita non è determinata tanto dalla nostra infanzia, quanto dal modo in cui abbiamo imparato a immaginarla.” (James Hillman)

Partiamo dall’ultima pagina. Tranquilli, niente spoiler. In definitiva qui non si tratta di svelare delitti, anzi si parla dell’età dell’oro. Di infanzia. Ampelio Bucci nell’introduzione al suo libro scrive: “La memoria con l’età si annebbia. Ma i sogni restano nitidi e freschi”.

Nell’intervista che gli ho fatto, e che comparirà nella rubrica Sopralluoghi, in realtà di nebbie ne ho scorte ben poche. Mi è rimasto invece impresso il suo sguardo sognante, così vivido e persistente. Ora facciamo un passo indietro. Torniamo all’inizio. Andiamo all’esergo del volume, tratto da Paul Bowles, autore di quel Tè nel deserto che Bernardo Bertolucci rese così bene nel film del 1990. Il regista riprese tra l’altro proprio Bowles nel finale, seduto in un bar mentre la voce fuori campo (qui la proponiamo in lingua originale) dice la frase dell’esergo del libro di Bucci: “Quante volte ricorderemo  un certo pomeriggio della nostra infanzia che è così profondamente parte della nostra esistenza da non poterla concepire senza”.

Ancora un piccolissimo passo indietro e osserviamo l’immagine di copertina di Leonardo Cemak, pittore conterraneo di Bucci, da lui molto apprezzato. Mostra il volto di un bambino dai capelli neri con lo sguardo sveglio, circondato da rami che confondono, come si trattasse di un unicum, la fisionomia del bimbo  con la natura. Lo stesso sguardo di Ampelio ora, rimasto un bimbo nell’animo, pieno di sorpresa e voglia di conoscere.

Ecco in queste notazioni troviamo il senso di questo memoir che non vuole essere propriamente una biografia, ma forse una dichiarazione di intenti. Bucci lo ha scritto superato il giro di boa degli ottant’anni (ma la vita è tutto un aggirar boe), affermando ironicamente di non aver mai avuto in pieno l’età della ragione. Per l’autore quindi essenziale è stata l’età infantile (il titolo stesso lo esprime con forza) come passaggio di vita fondante degli sviluppi successivi. Un prodotto della sua infanzia, come sottolinea ancora nell’introduzione Bucci che parte da molto lontano nella sua narrazione. Incredibilmente ha memoria del momento della sua nascita. Le cose – scrive – sono andate così. La mattina del 3 luglio 1936 mia madre si alza prima dell’alba e si dirige verso la spiaggia.

La mamma di Ampelio ha raccontata questa storia così tante volte che quasi gli è sempre sembrato di aver assistito alla sua stessa nascita. Potere magico del raccontare. Le parole che creano ricordi più di quanto riesca a fare la stessa memoria. Mia madre scruta il mare come se avesse un appuntamento, il mondo intero sembra in attesa di qualcosa. Ecco arriva un veliero che risale il porto canale, guidato da un capitano con la pelle bruciata dal sole e il sorriso che brilla bianchissimo. La nave  proviene da terre lontane, dall’Africa. Il ponte è pieno di bambini minuscoli. Io sono uno di loro – scrive Bucci –  e la mamma mi riconosce subito.

Il libro continua sul filo della memoria raccontando qualche episodio senigalliese, come le riprese per un film – girate nel cortile della scuola – interpretato da Luisa Ferida, star degli anni 30/40 e ancora il periodo della guerra, quando la famiglia deve lasciare Milano – dove il padre s’era stabilito per ricoprire il ruolo di direttore delle Assicurazioni Generali – per tornare a Montecarotto. In questo periodo – tra il 1942 e il 1945 – l’infanzia di Ampelio – chiamato Liuccio – diventa davvero infinita. La famiglia finalmente riunita e la messa della domenica, il nonno materno Francesco con il suo emporio dove si vendeva tutto quello che serviva per il lavoro e soprattutto la vita in campagna.

Poi il passaggio della guerra anche a Montecarotto, i tedeschi e l’esercito alleato e i partigiani fino al ritorno a Milano fatto in camion. Fu un viaggio molto faticoso – racconta Ampelio – il camion attraversava paesi deserti e campagne buie che non finivano mai. Le narrazioni si chiudono con l’ingresso di Bucci nel mondo del lavoro a Milano e con i suoi ritorni a Montecarotto per seguire comunque le terre di famiglia, nonostante gli impegni milanesi. Ampelio diventa un globetrotter settimanale, alternando il marketing, la comunicazione e la moda da una parte  e l’agricoltura dall’altra. Ma nel libro – scrive Carlo Macchi su winesurf.it – c’è molto di più, e soprattutto c’è la conferma di un mio amichevole sospetto: Ampelio, non solo è sempre rimasto, nel suo animo, quel bambino, ma è cresciuto cercando di mantenere quello che diceva Orwell, cioè non abbandonare mai completamente la visione del mondo acquisita nell’infanzia, cioè la capacita di desiderare follemente cose che da grandi non si sognano più”.

Il libro si chiude con alcune ricette del pranzo della trebbiatura, entusiasmanti per chi come me ha vissuto – seppur di striscio – il periodo in cui ancora si facevano e assai evocative per quelli che n hanno solo sentito raccontare. Certamente – scrive Bucci in conclusione – le ricette non restituiscono l’atmosfera di gioiosa comunità e di ringraziamento reciproco che si respirava durante quei pranzi. L’aspetto che più  mi piace di questo libro – oltre allo stile piano di un racconto quasi confidenziale – è l’assenza di un qualsiasi tipo di retrogusto nostalgico. Ampelio è un uomo che guarda sempre al futuro, pur senza dimenticare – è il caso di dirlo – il valore della memoria.

NOTA – Per quei pochi – per niente happy few – che non  dovessero conoscere Ampelio Bucci occorre ricordar loro che il vino da lui prodotto è stato giudicato nel 2021 il miglior vino bianco del mondo dalla rivista americana Wine Enthusiast con questa motivazione: «Splendido bianco che si apre con aromi seducenti di erbe mediterranee, fiori gialli primaverili, eucalipto e agrumi. Al palato offre pesca gialla succosa, finocchio, mandorla bianca e un minimo sentore di pompelmo insieme a un’acidità piccante. Una nota minerale che suggerisce salinità aggiunge profondità».

 

Tags: Affinità elettive, Ampelio Bucci, Bernardo Bertolucci, Carlo Macchi, George Orwell, in evidenza, James Hillman, Leonardo Cemak, Luisa Ferida, Montecarotto, Paul Bowles, Senigallia, Verdicchio, Wine Enthusiast

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