All’ombra del Colle dell’Infinito – per richiamare Giacomo Leopardi e la sua Recanati – c’è un’azienda agricola che è già avanti raccolta delle olive tra i suoi 27 ettari di oliveti in biologico. E, girando in lungo ed in largo, tra le piante non c’è traccia di mosca. Un caso più unico che raro in un’annata dove il parassita più temuto dagli olivicoltori ha rovinato fortemente la campagna in corso, sia provocando una vistosa caduta anticipata di olive, sia creando gravi danni qualitativi a quelle rimaste.
L’azienda in questione si chiama I tre filari: titolare è Silvia Sabbatini, sostenuta dalla passione di papà Stefano e con il supporto del marito Massimo Agnetti, consigliere Confagricoltura Macerata, l’associazione che ci ha segnalato questo raro caso di precisa e puntuale gestione agronomica dell’oliveto, capace di contrastare quella mosca dell’olivo che tanti danni sta facendo nel centro-nord Italia. Inevitabile approfondire il tema, anche a beneficio dei tanti olivicoltori in cerca di esperienze positive da imitare.
Massimo Agnetti, ma sono davvero tutte sane le vostre olive?
“Sì, operiamo in biologico ed abbiamo particolare cura dei nostri oliveti. Non si potrebbe ottenere un risultato simile senza tali attenzioni”.
Partiamo dagli oliveti. Che tipologia sono?
“Sono oliveti tradizionali, con sesto d’impianto 6×6, dove convivono le varietà tipiche delle Marche e dunque Leccino, Ascolana Tenera, Raggia, Mignola, Carboncella, Piantone di Mogliano…”.
Ci può spiegare come gestite questi oliveti, quali interventi effettuate nell’arco dell’annata olivicola?
“Partiamo dalla potatura invernale. Abbiamo scelto la forma del vaso policonico. In questo ci ha aiutato molto le conoscenze che ci ha trasmesso il dott. Giorgio Pannelli, spiegandoci le migliori tecniche per quello che lui definisce il giusto compromesso tra le esigenze fisiologiche della pianta e le esigenze produttive dell’olivicoltore”.
E dopo la potatura?
“Abbiamo effettuato due trattamenti rameici tra l’inverno e la primavera per rafforzare la vegetazione e una concimazione organica con compost biologico o pellettato con carbonio e azoto”.
Immaginando dunque che per tutta la primavera le piante abbiano goduto di un buon stato vegetativo che ha favorito fiori ed allegagione, veniamo quindi alla temuta mosca dell’olivo.
“Va detto innanzitutto che abbiamo avuto attacchi di lebbra e abbiamo dato prodotti rameici contro i parassiti fungini a luglio. Nello stesso mese, nei primi giorni, è iniziato il monitoraggio della mosca mediante trappole cromotropiche con feromoni attrattivi. Ne abbiamo messe una o due ad ettaro. Nel momento in cui abbiamo visto che le catture superavano le 5 unità, abbiamo effettuato trattamenti con Spinosad tramite un apposito atomizzatore e nelle quantità previste in etichetta. Alla fine, i trattamenti sono stati tra i 7 e gli 8 ed hanno eliminato completamente la mosca”.
Questo ha permesso la produzione di monovarietali in grado di esprimere tutte le potenzialità di ciascuna cultivar. Commentando il tutto con il nostro prezioso collaboratore agronomico Enzo Gambin, direttore dell’Associazione interregionale produttori olivicoli, ci ha aggiunto: “Questa è la strada maestra per avere olive sane ed un olio di qualità. Dobbiamo prendere consapevolezza che i disciplinari di lotta integrata con gli interventi consigliati sono figli della metà degli inizi degli anni ’90 e non più adeguati. Le sostanze attive si sono molto ridotte, l’eziologia parassitaria è cambiata, sono intervenuti cambiamenti climatici importanti. Oggi gli interventi fitosanitari vanno fatti a calendario, tenendo presente le indicazioni che giungono dai monitoraggi che debbono essere puntuali e costanti”.








