Transizione ecologica e biodiesel, quali opportunità

Il biocombustibile una risposta utile sotto tanti punti di vista
Politica
di Alberto Maria Alessandrini

È recente la notizia della definitiva approvazione da parte del Parlamento Europeo del programma di abbattimento delle emissioni di auto e furgoni. È ormai noto, infatti, che dal 2035 dovremmo assistere ad uno stop delle immatricolazioni di veicoli leggeri con motore a combustione, sia benzina che diesel. Il tutto ovviamente nell’ottica di una riduzione dell’inquinamento.
Pur confidando nelle recenti e ragionevoli prese di posizione di Italia e Germania in primis volte a mitigare tale presa di posizione comunitaria, è ad oggi evidente che le ripercussioni sulla vita quotidiana e lavorativa saranno certamente significative.
Pur non coinvolgendo, almeno in questa prima fase, trattori e mezzi pesanti tale obbligo comporterà cambiamenti radicali per ciascun cittadino ed anche al settore agricolo e primario. È sufficiente pensare alla immane quantità di auto aziendali, fuoristrada, pick-up, furgoncini ed autocarri leggeri che gli imprenditori agricoli utilizzano per svolgere le operazioni aziendali quotidiane.
Di fronte a tale scelta, oggettivamente radicale, che determinerà sicuramente disagi ed aumenti dei costi può essere interessante riflettere su quali strade alternative, o complementari, si sarebbero potute intraprendere, prima fra tutti quella del biodiesel.
Si tratta di un biocombustibile ottenuto da fonti rinnovabili, solitamene oli vegetali (girasole, colza, mais, etc), a seguito di un processo chimico di transesterificazione, che sfrutta alcol etilico o alcol metilico. Il risultato è un prodotto trasparente, ambrato con una viscosità simile a quella del gasolio e con un’ottima capacità combustibile. Ma non è tossico, è biodegradabile ed è un buon lubrificante. Non contendendo idrocarburi, inoltre, riduce sensibilmente le emissioni di polveri sottili causate dal monossido e dal biossido di carbonio. Una risorsa facilmente reperibile, rinnovabile e che soprattutto può essere utilizzata senza particolari modifiche in quasi tutti i motori diesel già esistenti.
Ed è questo forse l’aspetto più interessante: l’Europa è leader nella progettazione e produzione di motori a gasolio. Una tecnologia ben rodata, affidabile che ha raggiunto livelli di sviluppo incredibili in tema di riduzione delle emissioni e rispetto dell’ambiente. Una nuova Euro 6 emette il 96% in meno di PM di una Euro 1 e il 95% in meno di NOx rispetto ad una Euro 0. La produzione di PM2, inoltre, è di circa 100 grammi ogni 20.000 km, valore paragonabile a quello emesso in 32 ore da un impianto a pellet di nuova generazione.
Ovviamente sarebbe impossibile convertire l’intero fabbisogno di gasolio in biodiesel, ma se già ci si limitasse a sostituirne un 10% gli effetti in termini di riduzione di inquinanti sarebbero immediati. Questo è miscelabile con il tradizionale combustibile fossile e può essere dunque utilizzato tal quale. Vantaggi che diverrebbero ancor più ancor più concreti con quei tanti veicoli (Euro 0, 1, 2…) più obsoleti ed inquinanti. Molti di questi sono, poi, proprio quei vecchi fuoristrada, pick-up o furgoni spesso utilizzati dagli agricoltori nel quotidiano per fare magari pochi chilometri ma in attività particolarmente gravose. Mezzi ai quali si allungherebbe la vita di utilizzo, operazione sì realmente eco-sostenibile, senza gravare sulle tasche dei proprietari.
Una produzione di bio-carburante che vedrebbe l’agricoltore con un ruolo primario, non solamente di utilizzatore ma soprattutto di produttore. La stessa regione Marche, leader a livello nazionale nella coltivazione di girasole, potrebbe averne vantaggi evidenti. Sarebbero molteplici, inoltre, le colture praticabili a tal fine, ben conciliabili anche con il nostro contesto: non solo girasole ma anche colza, canapa, mais, etc. seminabili alcune in secondo raccolto, altre nell’ottica della rotazione agronomica con il naturale obiettivo di creare un reddito integrativo ed alternativo all’impresa agricola. Carburante tra l’altro già noto alla stessa Unione Europea che lo ha regolamentato con la norma EN14214, la cui produzione potrebbe tranquillamente essere incentivata a livello nazionale.
Un sistema, infine, che diverrebbe ancor più interessante, conveniente ed eco sostenibile se integrato con il riutilizzo degli oli vegetali esausti. Anche dalla raffinazione di questi, infatti, è possibile ottenere biocarburante, con un processo non particolarmente complesso né dispendioso di energie. Solo in Italia nel 2020 sono stati state utilizzate 290.000 tonnellate di olio vegetale, con un riutilizzo che però si è limitato a circa 80mila tonnellate.
Risorse preziose sulle quali, forse, i pubblici amministratori dovrebbero concentrare maggiormente l’attenzione. Perché al fianco di un ambientalismo ideologico ed ideologizzato, vi è anche la realtà dei fatti, che spesso è molto più semplice di quanto si vorrebbe rappresentarla.

 

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