Cavolfiore arancione, una filiera tutta marchigiana

Tra Monsampolo del Tronto, Morrovalle e Monteprandone l’asse che ha portato questa eccellenza sul mercato nazionale.
Economia
di Roberto Valeri

L’Italia è uno dei centri di differenziazione mondiale più importante per il cavolfiore e la sede di Monsampolo del Tronto del CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, ente pubblico vigilato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste)  è uno dei centri d’eccellenza: qui è stato di fatto sviluppato il cavolfiore romanesco arancione, un’eccellenza della nostra regione.
“Quarant’anni fa – ricorda Nazzareno Acciarri, ex direttore della sede di Monsampolo del Tronto del CREA, centro di orticoltura e florovivaismo – in Canada un cavolfiore arancione nacque, casualmente, in un campo di cavolfiori bianchi, ma questa nuova varietà non venne studiata bene, all’epoca. Noi, a Monsampolo, abbiamo incrociato questa variante con numerosi tipi di cavolfiore e, nel romanesco, abbiamo individuato la tipologia di cavolfiore giusta per sviluppare la variante arancione.
Da Monsampolo del Tronto, la ricerca è diventata realtà grazie all’azienda agricola Ercoli, che lo ha coltivato in fase sperimentale a Morrovalle. “Stiamo parlando – ci ricorda Giuliano Ercoli – di una nuova tipologia di cavolfiore, dunque l’estensione in ettari non è al momento rilevante, soprattutto se la paragoniamo con quelli dei cavolfiori più conosciuti dal consumatore, come il cavolfiore bianco, il verde di Macerata e il romanesco”.
Nelle Marche, prosegue il coltivatore, “abbiamo una tradizione storica e una invidiabile biodiversità del cavolfiore che va dal verde di Macerata, l’unica varietà che ancora porta il suo nome, al cavolfiore bianco di Fano e al cavolfiore jesino. Ecco il motivo per il quale le aziende tendono a sviluppare il materiale nelle Marche, ambiente ideale per questa specie, nonostante le superfici non siano quelle più importanti a livello nazionale. La natura dei nostri terreni, il nostro clima e le nostre valli fanno comunque sì che questa specie riesca a dare il massimo delle sue qualità, sia da un punto di vista agronomico che da un punto di vista del gusto”.
Alla Ercoli, l’investimento per ettaro è pari a 20.000 piante, di cui se ne raccoglie l’80%: “il peso è inferiore a quello degli altri cavolfiori tradizionali in quanto questa è una novità assoluta: aumenteremo la nostra resa per ettaro quando il consumatore conoscerà tutte le qualità del cavolfiore arancione”. Insomma, c’è bisogno di tempo per arrivare ad avere le stesse caratteristiche commerciali dei suoi cugini: la cosa più importante, che farà aumentare resa e guadagno per ettaro, sarà la conoscenza e l’aumento del consumo da parte del consumatore. L’orgoglio per aver creato una novità a livello internazionale è condivisa da Alessandra Damiani che, con Laura Damiani (insieme nella foto), segue, alla Orsini&Damiani di Monteprandone la commercializzazione di questa tipologia di cavolfiore.
“L’ortofrutta ci dà la possibilità di inventare sempre cose nuove, sia dal punto di vista del processo che del prodotto – ricorda Alessandra – Noi, che amiamo proporre sempre novità, abbiamo intuito sin dall’inizio la grande potenzialità e il valore di questo prodotto, investendo tempo e risorse in ogni fase, dal campo alla comunicazione. Per poter far questo è assolutamente necessario avvalersi della collaborazione di autorevoli enti di ricerca e professionisti, rappresentati per noi dal Crea di Monsampolo”.
Il prodotto ha per ora un mercato solo nazionale. “Tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 – aggiunge – abbiamo cominciato la commercializzazione del cavolfiore romanesco arancione con alcuni punti vendita di diverse catene di distribuzione, per testare e monitorare in maniera costante e precisa le vendite di questa assoluta novità. Oggi viene venduto dalla nostra azienda soprattutto nelle zone del nord e centro Italia e i volumi stanno crescendo di anno in anno, in considerazione del fatto che è un prodotto sperimentale. Questo va assolutamente considerato un progetto Made in Marche, è stato scoperto e migliorato al Crea di Monsampolo del Tronto, sperimentato e infine coltivato a Morrovalle e da noi commercializzato”.
Una novità che, tra l’altro, ha i suoi aspetti positivi sotto il profilo organolettico. “Il gusto del romanesco arancione – conclude Alessandro Natalini, ricercatore del CREA di Monsampolo del Tronto – denota una maggior dolcezza, sia nel prodotto fresco che in quello cotto. Il colore è dato dal betacarotene che è un antiossidante e precursore della vitamina A, il retinolo: questa caratteristica rende il cavolfiore romanesco arancione unico e particolarmente salubre fra gli ortaggi freschi disponibili nel periodo invernale. Stiamo lavorando per ampliare il periodo di raccolta di questo cavolfiore con la costituzione di più varietà a diversa precocità”.

 

Tags: Acciarri, cavolfiore romanesco arancione, Damiani, Ercoli, in evidenza, Natalini

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