Il Topinambur dei Sibillini alleato di salute e ambiente

Una produzione circoscritta e con una sua netta specificità
Attualità
di Giorgia Clementi

Piante alte fino a 3 metri con fiori gialli sulla sommità, tanto belli agli occhi da convincere il pittore Monet nel 1880 a renderli protagonisti di un celebre quadro che porta il loro nome. Il colore e la faccia rivolta al sole li rendono simili ai girasoli ma, a differenza dei soggetti preferiti da Van Gogh, i fiori di Topinambur celano la loro ricchezza nell’estremità opposta, quella incastonata nella terra.

A contare nel Topinambur è infatti la radice, simile per proprietà ad una patata e vicina al carciofo nel sapore. Quelle storiche di radici, invece, affondano oltreoceano. È nel continente americano, in particolare nello stato del Massachusset, che l’esploratore Samuel del Champlain lo scoprì sul finire del 1500. A causa del particolare sapore appena ricordato, il Topinambur venne chiamato dagli europei “Carciofo di Gerusalemme” ed esportato tra Francia, Germania e Inghilterra, prima di giungere anche in Italia dove venne adottato dai piemontesi che lo resero un prezioso ingrediente per la tipica “bagna càuda”.

Quello dei Sibillini, come un tartufo bianco – Esistono diverse tipologie di Topinambur, distinguibili principalmente per i colori delle radici gialle, viola, rosse e bianche. Tra queste, vi sono anche specie locali, tipiche di un determinato territorio, come il Topinambur dei Sibillini che cresce principalmente in alcune zone nei comuni di Comunanza, Montefortino e Montemonaco. Una specie la quale tipicità è riconosciuta dalla Regione Marche, tramandata da alcuni agricoltori come Angelo Leonardi, dell’Az. Agricola La Primula di Montemonaco. Seguendo il lavoro fatto negli anni da suo padre Giovanni (nella foto di copertina) che del Topinambur dei Sibillini ne è l’agricoltore custode, Angelo continua ad ospitare in una piccola parte dei suoi terreni la tipica radice. “A differenza della specie più diffusa che presenta un colore violaceo – spiega – il Topinambur dei Sibillini assomiglia nell’aspetto ad un tartufo bianco, dal sapore vicino al carciofo ma più delicato e tenero rispetto all’altro”.

La piccola produzione fatta, “destinata per lo più all’autoconsumo” è un’eredità del passato familiare: “Nella zona è una pianta presente da sempre ed in famiglia già la possedevano i miei bisnonni – racconta. Le radici sono state per anni raccolte e cotte per essere usate come cibo per i maiali. Poi il prodotto è stato rivalutato anche nell’alimentazione umana e si è iniziato a consumarne sia crudo che cotto, come si usa fare con le patate”. Un prodotto che, seppur poco noto, può contare in realtà su numerosi punti di forza. Primo fra tutti, una coltivazione estremamente semplice e poco esigente.

Parte della famiglia delle Graminacee, il Topinambur è infatti una pianta infestante, caratteristica che lo rende particolarmente autonomo nella crescita e sopravvivenza. “Viene seminato a primavera e generalmente non ha bisogno di nulla – spiega Leonardi – resiste al clima, non richiede trattamenti, né di essere irrigato. La fioritura avviene verso la fine del periodo estivo, con piante che possono raggiungere i 3 metri di altezza, mentre la raccolta viene fatta in autunno”.

“Si raccolgono i rizomi più grandi” – la parte commestibile della pianta, quando presentano una dimensione di circa 10 cm, con una buccia chiara e poco rugosa. Quelli più piccoli rimangono invece nel terreno e l’anno dopo danno vita a nuove piante, “per questo il Topinambur tende anche a riprodursi da sé”.

Dalla cucina all’apicultura – Alla semplice coltivazione si aggiungono poi le qualità nutrizionali che, negli ultimi anni, stanno riportando l’attenzione sul prodotto. In particolare, va sottolineato come il Topinambur, oltre ad essere adattabile sia a piatti freddi consumato crudo, sia a piatti caldi fritto o unito a zuppe o risotti, utilizzato come si è soliti fare con le patate, sia anche povero di amido e quindi “particolarmente adatto per coloro che soffrono di diabete. Ricco di fibre e sali minerali, esso agevola inoltre la digestione, è povero di calorie – appena 52 per 100 grammi di Topinambur – e la sua introduzione nella dieta può aiutare a ridurre il colesterolo.

Un ultimo punto a favore ci riporta infine a dove la scoperta del Topinambur è iniziata, nella sua gialla corolla che rende la pianta una valida alleata di api e apicoltori. La fioritura alla fine dell’estate propone infatti ai preziosi insetti un fondamentale polline tardivo in grado di offrire loro nutrimento quando arriva l’autunno.

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Tags: in evidenza, Topinambur dei Sibillini

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