La lenta e progressiva scomparsa dell’olmo

Piante decimate da una malattia provocata da un fungo
Tecnica

di Tommaso Spilli e Angelica Lenti

La scomparsa progressiva degli olmi, anche nella nostra regione, è un fenomeno che va avanti dai primi del ‘900 a macchia d’olio. Un declino lento di due specie arboree che non hanno armi tranne quella di appellarsi alla comunità scientifica.
Artefice di tale situazione l’Ophiostoma ulmi, un fungo ascomicete, di origine asiatica, parassita dell’olmo, a cui causa la malattia detta grafiosi dell’olmo. Arrivato tramite scambi commerciali in Olanda nel 1920, si diffuse in gran parte dell’Europa, recando grandi morìe di olmi fino al 1940, a cui seguì una fase di attenuazione. La sua prima segnalazione in Italia avvenne nel 1930.
La grafiosi è una tracheomicosi, cioè una malattia provocata da funghi che si insediano e si sviluppano nei sistemi conduttori della linfa e ne determinano l’occlusione.
Le spore possono insediarsi all’interno della pianta attraverso ferite fresche sul fusto e sui rami oppure possono essere trasportate da insetti quali coleotteri scolitidi del genere Scolytus. Questi veicolano spore del fungo da una pianta malata ad una sana passando attraverso le lesioni a livello della corteccia. La presenza del parassita nei vasi linfatici scatena la reazione di difesa della pianta che, per impedire la sua diffusione, ostruisce tramite tille, gomme ed altri composti chimici i sistemi di trasporto della linfa. Queste sostanze vanno quindi a limitare significativamente il passaggio della linfa, la quale diventa anche più viscosa determinando una diminuzione di velocità del flusso linfatico. Tutto ciò è visibile all’esterno dal disseccamento improvviso delle branche, dall’incurvamento della parte terminale dei getti e dalla caduta delle foglie fino ad arrivare all’avvizzimento dell’intera pianta, condizione irreversibile che la conduce alla morte. Tagliando un rametto colpito dal fungo in sezione trasversale o longitudinale si osserva l’imbrunimento dei vasi e dei vari tessuti legnosi. I sintomi si propagano rapidamente all’interno della pianta attaccata e anche alle piante contigue sane per anastomosi radicale, ovvero per interconnessione tra le radici delle piante. Tra le specie di lmo di origine europea più suscettibili troviamo l’Olmo campestre (Ulmus minor), Olmo montano (Ulmus glabra) mentre ne esistono altre, di origine asiatica, che invece sono resistenti.
L’innalzamento delle temperature dovuto al cambiamento climatico ha determinato un rallentamento delle reazioni di difesa della pianta, che quindi è più suscettibile ai danni provocati dalla grafiosi, ed inoltre potrebbero accelerare il ciclo biologico degli scolitidi e dei funghi andando a moltiplicare il numero di alberi attaccati.
Negli anni sono stati applicati diversi tentativi terapeutici di lotta chimica e biologica ma senza ottenere risultati di gran rilievo, per questo gli unici metodi di contenimento della malattia si basano su misure preventive come l’eliminazione delle parti della chioma o della pianta che mostrano i primi segni di avvizzimento, ceppaia compresa. Quest’ultima opzione viene adottata per impedire la trasmissione della malattia per anastomosi radicale nel caso di olmi disposti in filare. Si consiglia poi di mantenere le piante in buono stato vegetativo al fine di ridurre l’attrattività per gli scolitidi. In caso di piantumazione di nuovi esemplari è possibile scegliere incroci resistenti ai ceppi più aggressivi, che però appartengono a specie non autoctone e che derivano da incroci con olmi resistenti.

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