C’è sempre meno latte nelle stalle marchigiane

Trionfi Honorati: "Servono politiche di sostegno alla zootecnia"
Economia

Continua il calo della produzione di latte vaccino nelle Marche che, anche nel 2023, con 21.374 tonnellate si conferma penultima regione nella classifica nazionale (peggio va solo la Liguria). La flessione, -3,68% nei confronti del 2022, si allinea alla tendenza negativa del comparto dal 2014. Dieci anni fa c’era il 30% di allevamenti in più che consegnavano 45mila tonnellate di oro bianco. Un titolo dovuto: il valore del latte vaccino, bufalino e ovicaprino, lungo la filiera, cresce di quasi il 500%. Nel 2021, l’Ompz, osservatorio specifico sui prodotti zootecnici, ha calcolato che, se alla consegna il latte italiano valeva oltre 5,8 miliardi di euro a cui si deve sommare importi per 450 milioni di euro, al consumo ha generato 34,6 miliardi di euro.

Produrre tuttavia latte è molto impegnativo e sempre più costoso. Gli oneri per gli alimenti acquistati a fine 2022 sono aumentati del 31,5%, in particolare i foraggi (+47,7%) e i mangimi (+29,2%). Una crescita che è proseguita l’anno scorso e ha scavato voragini nei conti economici degli allevatori e rischia di provocare una ulteriore chiusura dei piccoli o di costringerli a fare delle scelte gestionali diminuendo i capi. Anche perché il prezzo del latte non obbedisce alle solite leggi dell’offerta e della domanda. Nel 2023, nonostante il calo di consegna interna di latte (-1,7%), il prezzo alla stalla nazionale, stimato a novembre a 49,6 euro/100 litri è diminuito del 14% rispetto all’anno precedente. Per Ismea c’è una pressione competitiva tutt’italiana che si nota nella concentrazione delle produzioni in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, ma pure il fatto che la minore disponibilità stimola le importazioni in cisterna (+57,1% in volume) che fanno della Germania di nuovo il primo fornitore.

Una situazione negativa che si legge nella contabilità delle aziende marchigiane. L’azienda Trionfi Honorati di Jesi, tra bufale e vacche, gestisce 350 animali. Dai suoi conti economici, è lievitato il prezzo della razione giornaliera. A base più di tutto di diversi tipi di fieno, paglia, soia, sorgo, farina di mais riesce a produrla al 70% in azienda dedicando un centinaio di ettari alle varie coltivazioni. Ma se a maggio nel 2020 aveva un costo al giorno di 649 euro, a marzo 2022 è salito a 1077. Dati che rapportati al litro di latte fanno che nel 2020, l’alimentazione pesava per 0,15 centesimi e nel 2022 la quota era di 0,26.

«I costi giornalieri sono in calo dall’estate scorsa – spiega Antonio Trionfi Honorati (nella foto) -. Ad esempio, tanto per citare una giornata tipo, il 10 febbraio scorso abbiamo speso 778 euro, circa 300 euro in meno rispetto a due anni prima e quindi sul litro di latte ha inciso per  0,19 centesimi. Ma rimangono tutti gli altri costi che non si abbassano come gli energetici, i fiscali, le rate dei mutui. Veniamo – incalza – da due anni difficili e temo che recupereranno solo le aziende agricole che hanno avuto abbastanza liquidità per supportare tutti questi anni i vari aumenti. Se – conclude – politiche specifiche regionali e nazionali non vanno a supporto della zootecnia, il rischio è che la produzione di latte fresco italiano vaccino diminuirà e dovrà concentrarsi sulle produzioni Dop come il Parmigiano o il Grana Padano. Nel futuro si profila un cappuccino che non sarà più italiano».

Va in questo senso l’iniziativa di TreValli Cooperlat, con sede centrale a Jesi, gruppo che assorbe oltre l’80% della produzione regionale vaccino e ovino: proprio in occasione del suo 60° anniversario, ha annunciato che sta studiando un progetto articolato di filiera e di territorio per il rilancio di una zootecnia da latte.

Tags: in evidenza, latte, Tre Valli Cooperlat, Trionfi Honorati

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