Giardino secco mi ci ficco, mi ci picco

Il ‘Dry Gardening’ per un giardino sostenibile
Intorno al Focolare
di Carlo Nardi

Il mondo del giardinaggio si evolve e sviluppa nuove progettualità. Tra queste un’attenzione particolare la merita la nuova tendenza con cui tutti professionisti del settore ormai si confrontano nell’approcciare lo studio di un nuovo giardino, di un parco o di un terrazzo: si chiama ‘Dry Gardening’ e nasce dall’esigenza di elaborare soluzioni che implichino un consumo dell’acqua sempre più oculato e consapevole, senza rinunciare al verde, ai colori ed alle atmosfere di un giardino, per così dire, tradizionale.

Il ‘Dry Gardening’, che letteralmente significa ‘giardinaggio asciutto’, mira a valorizzare le aree da destinare al verde, attraverso un percorso innovativo fatto di razionalizzazione e di ottimizzazione. Razionalizzazione sull’uso di piante da mettere a dimora; ottimizzazione degli spazi sui quali intervenire. Il tutto armonizzato da una nuova educazione ambientale che prepari il committente ad un approccio più consapevole ed etico su come pensare il proprio giardino.

Come dire: servito secco o on the rocks, il giardino rinfresca anche con poca acqua.

Quella che oggi viene vista come tendenza, spinta da ventate ambientaliste in continuo sviluppo, di fatto è materia antica nel mondo degli architetti paesaggisti. Affonda le sue radici nelle scuole di studio del paesaggio che hanno sempre fatto dell’osservazione della natura la dottrina prima di pensiero. Il principio è appunto quello di interpretare la natura, i suoi sistemi, i suoi sviluppi e cercare di adattarli al ‘piccolo quotidiano’, sia esso un balcone, un terrazzo, un giardino o, appunto, un parco. Insomma gli esperti del settore hanno scoperto “l’uovo di Colombo” semplicemente studiando in primis sia i deserti che le aree più aride del pianeta, dove la pioggia si vede per pochi giorni all’anno. Anche queste zone hanno la loro vegetazione che si è adattata, quindi nasce, cresce e prolifica spesso in condizioni da emergenza idrica. Va ricordata per tutti l’incredibile esperienza nel Saguaro Park, un’area naturale protetta dell’Arizona meridionale a circa 25 km ad ovest di Tucson. Imponenti colonne verticali possono raggiungere altezze che superano i quindici metri, rappresentando una vera e propria risorsa per molti animali come i picchi che ci fanno il nido. Il tutto in un ambiente dalla piovosità praticamente inesistente.

Insomma per usare un gioco di parole, la vera cultura della coltura suggerisce di cavalcare la tigre ‘Madre Natura’, evitando che questa si ribelli e ci lasci addosso le unghiate della sua forza. Come farlo in tempi di siccità, di emergenza idrica e soprattutto quando irrigare con acqua potabile diventa un vero e proprio schiaffo alle sofferenze di milioni di persone? Non vogliamo rinunciare al nostro angolo di verde, ma non possiamo neanche dimenticare che solo una piccolissima parte dell’acqua presente sulla terra è potabile ed appannaggio di pochissimi!

È qui che entra in gioco il ‘Dry Gardening’ che dopo decenni, è proprio il caso di dire, di polvere, o se preferite, sabbia, conosce oggi i suoi giorni migliori. A sancirne la definitiva consacrazione ci si è messo anche il riconoscimento ufficiale ottenuto al Chelsea Flower Show, la manifestazione Londinese che nel 2016 ha premiato un esempio di Dry Gardening come migliore giardino del mondo; e se lo dicono gli Inglesi che di acqua ne hanno tutti i santi giorni in abbondanza, c’è da fidarsi!

Allora come passare dalla teoria alla pratica e garantirsi un giardino sempre accogliente, salvaguardando anche coscienza e portafogli?
Innanzi tutto pensate un po’, per un bel giardino secco ci vogliono piante grasse! Sembra uno scherzo ma è proprio così: cactus, aloe, agavi, portulaca, sono naturali serbatoi di acqua che si adattano benissimo alla quasi totale assenza di precipitazioni. Poi fatevi un bel giro per la nostra meravigliosa macchia mediterranea del Cònero e di altri rilievi della nostra regione: mirti, ginepri, corbezzoli e ginestre svettano imponenti e rigogliosi dalla bianca falesia che in dialetto è chiamata appunto ‘sasso morto’! Poi c’è tutto il caleidoscopio di colori ed odori delle piante aromatiche: lavanda, origano, maggiorana, rosmarino, salvia, e finocchietto selvatico, oltre che garantire un buon colpo d’occhio, vi aiuteranno anche in casa profumando pietanze e biancheria. Oltre tutto ricorrendo al ‘Dry Gardening’non dovrete delegare qualcuno all’irrigazione delle piante in vostra assenza ed anche questo è un pensiero in meno.

Adesso accendete un bel falò mentale e bruciate… il mito del prato all’inglese che va razionalizzato, anzi è il caso di dire nazionalizzato, perché a queste latitudini rappresenta un lusso non più giustificabile. Infatti, a meno che non usiate quantità d’acqua da bolletta a tre zeri, i prati italiani sono come chi ha superato da tempo gli ‘anta’: tenderanno sempre a rimanere spelacchiati e malaticci perché, ahinoi, “l’erba d’Oltre Manica è sempre più verde”. Ma siccome il giardinaggio non è mai rinuncia, ma sfida creativa e relax, il consiglio è quello di ridurre notevolmente la superficie ad erba, ricorrendo a pavimentazioni di vario genere come ghiaia, sabbia, pietre, tavolati e quant’altro la natura intorno a voi metta a disposizione. Potete sistemare un bel salotto all’aperto per drink con gli amici, rilassanti letture o semplicemente per schiacciare un meritato pisolino. Poi non rinunciate a bordure fatte di macchie di cespugli con oleandri o pitosforo (pittosporum tobira). Infine il vostro grasso prato lo irrigherete raccogliendo acqua piovana o comunque acqua già utilizzata in casa e non più potabile. Semplici accorgimenti che garantiranno a voi il meritato scacco di verde ed all’ambiente il vostro rispetto.

Interpretare oggi il ‘Dry Gardening’ significa vivere veramente il vostro angolo di giardino, piccolo o grande che sia, in pieno relax e soprattutto con la consapevolezza di essersi messi dalla parte dello sviluppo sostenibile.

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Tags: Dry gardening, in evidenza

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