La particolare “transumanza” per produrre il miele migliore

Lorenzo Paolini, apicoltore piceno, racconta il suo "viaggio" con 15 milioni di esemplari
Economia
di Roberto Valeri

Quasi 3000 imprenditori e 76 aziende: l’apicoltura, nelle Marche, è un settore florido, composto da persone che uniscono al lavoro una vera e propria passione per questi animali. Uno di loro è Lorenzo Paolini (nella foto), che in Contrada Cavignano, ad Ascoli Piceno, ha da anni riconvertito l’azienda agricola del nonno e produce, con il brand “Case da Sole Apicoltura” numerose varietà di miele, insieme ad Emanuele e sua moglie Cecilia, entrambi in attività con lui da vent’anni.

“L’apicoltura è uno stile di vita, prima ancora di essere un tipo di allevamento – ricorda Lorenzo – e noi seguiamo, per garantire la qualità del prodotto, tutta la filiera. A cominciare proprio dall’ape: da ormai venticinque anni alleviamo l’ecotipo italiano di ape, l’ape Ligustica, un’ape adattata al territorio da millenni”.

Parlare di transumanza, quando si pensa agli apicoltori, non è eccessivo: Lorenzo, per portare sul mercato i suoi sette tipi di miele, sposta fisicamente dalle colline vicine al litorale adriatico fino ai Monti Sibillini, ogni anno, circa 400 alveari, pari a 15 milioni di esemplari.

Lorenzo, a primavera, dopo il controllo sanitario degli alveari, inizia la produzione di sciami fino alla fioritura dell’acacia, quando si posano i melari e inizia anche la produzione di pappa reale. D’estate, dopo la raccolta del miele d’acacia, sposta gli alveari sull’altopiano di Castelluccio, lasciandone altri in collina per il millefiori. A fine estate, le api raccolgono la melata. In autunno, termina la stagione, si sostituiscono le vecchie regine con quelle più produttive e ci si assicura che le colonie abbiano miele sufficiente per l’inverno: inizia allora la vendita dei prodotti.

“La Regione Marche è presente, negli ultimi anni, quando si parla di apicoltura – prosegue Paolini – il merito va anche alle associazioni provinciali che hanno saputo unirsi per parlare con una “sola voce”. Però bisogna anche ammettere che molti problemi non sono gestibili solo a livello regionale. Ci sono i danni dei “parassiti esotici” e le problematiche dell’agricoltura intensiva, le cui leggi di mercato impongono un uso eccessivo di diserbanti e pesticidi. Negli ultimi anni il settore sta anche soffrendo un significativo calo delle produzioni determinato soprattutto dalle condizioni climatiche”.

Nonostante tutto, l’azienda di Lorenzo, oltre ai classici mieli Millefiori e Acacia, sempre più difficili da ottenere, produce e vende nelle Marche, a Roma, nel Nord Italia e al mercato dei produttori ad Ascoli Piceno, oltre che online e nello spaccio aziendale, “dell’ottimo miele di castagno dei Monti Sibillini, perché dislochiamo gli alveari ad oltre i 1000 metri, all’interno del Parco Nazionale. Abbiamo anche un pregiato Millefiori di alta quota che sfrutta la fioritura della Piana di Castelluccio e, se le condizioni sono ottimali, riusciamo saltuariamente a produrre Miele di Acero e Ciliegio in primavera e Miele di Edera in autunno, oltre alle Melate estive, tipiche dei nostri boschi”.

In Italia, si dovrebbe “riproporre il modello Marche, perché sento colleghi di altre regioni molto meno sostenuti e, per sostenere il nostro settore, sicuramente si dovrebbero inserire le aziende apistiche nella PAC con sostegno al reddito diretto, come accade per tutti gli altri settori zootecnici”.

Lorenzo non cambierebbe il suo lavoro “con nessun altro al mondo, anche perché è un mestiere dal sapore antico, che a volte non si adatta al concetto moderno di business, per me questo è un vantaggio” e, sulla possibilità che fare l’apicoltore possa essere un lavoro appetibile per le nuove generazioni è abbastanza chiaro: “non dipende da noi, non scegli tu le api: sono loro a scegliere te”.

 

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