“La pista” come una sinfonia. Dirige il maestro… “pistarolo”

Intorno al Focolare
di Carlo Nardi

Gennaio si sa, è il tempo giusto per la lavorazione delle carni di maiale appena macellato, un antico procedimento che nelle nostre campagne viene chiamato “la Pista”, ed in altre regioni “la Salata”.

Il rito, perché di vero e proprio rito pagano si tratta, cade in quello che di solito è considerato il periodo più freddo dell’anno quando, tra “i giorni della merla” e “la candelora”, il generale inverno scatena sui dolci colli di Marca le sue algide truppe fatte di neve e gelo. Il rito, dicevamo, prevede tempi e metodi da alchimista; logistica e gerarchie da caserma; rispetto dello spartito da orchestra sinfonica che il “pistarolo” dirige con la maestria e la severità degne di un Toscanini dell’arte norcina.

Va da sé che intrufolarsi, più o meno clandestinamente, in questo coacervo di esperienza, tradizioni e segreti, ingredienti fondamentali tanto quanto il sale ed il pepe, risulta assai difficile ma necessario per raccontare ciò che un tempo era pratica diffusissima, oggi perpetrata solo in sparute comunità familiari. Essere ammesso “all’esecuzione” ha tempi e modi degni dell’iniziazione alla più esclusiva delle società segrete perché dosi e metodologie sono patrimonio da custodire gelosamente e da tramandare solo “Intorno al Focolare”: per questo siamo qui a parlarne.

Questa gelosia nell’aprire agli altri il proprio sapere frutto di antiche tradizioni, non fa che aumentare il desiderio di vedere, annusare e magari assaggiare. Infatti bisogna riconoscere che quello della pista ha rappresentato un passaggio vitale nell’esistenza di migliaia di famiglie la cui sopravvivenza dipendeva anche da questo appuntamento che andava celebrato con tutti i crismi della tradizione. Bisogna calarsi nei panni, spesso logori, di famiglie sempre numerosissime dove vigeva, tacita ma cruda ed inesorabile, la dura legge del “meglio un morto in casa che nella stalla” e si potrà così comprendere l’importanza del momento. Ampliando il discorso con modi di dire decisamente più rudi, non a caso “che te morisse il porco!” era la peggio maledizione che si potesse lanciare al malcapitato di turno!

Insomma, superati i tornelli di ritrosia disseminati lungo il percorso di avvicinamento, finalmente una domenica mattina di gennaio, si va in scena.

Fototeca Franco Focante

Prima regola: non interferire col ‘Pistarolo’ perché scontroso ed oltremodo irascibile. Infatti il Nostro, da posizione di controllo leggermente innalzata rispetto ai “musicanti”, appare come un direttore di orchestra, non fosse che al posto della bacchetta ha in una mano un tagliente coltello e nell’altra la cote per affilarlo.

È lui che decide se un taglio andrà per lonze o prosciutti, se un altro ancora per bistecchine o salsicce. È lui che detta le dosi delle varie salamoie e conce, recitandole a memoria come un compositore fa con le note della sua più recente overture. Insomma il direttore dirige in maniera ferma e decisa uno spartito di musica del sapore che i professori devono eseguire a tempo, perché è il Tempo stesso, metronomo di ricette tramandate di generazione in generazione, che lo ha composto. Va detto inoltre che osservare da posizione defilata il frenetico lavorio dei presenti, impegnati ad eseguire le sue indicazioni, è uno spettacolo cui vale la pena assistere.

Si inizia presto la mattina con la calaverna che imbianca il paesaggio di aghi di ghiaccio tanto pungenti quanto indispensabili per garantire la conservazione delle carni. Con il passare delle ore i primi insaccati prendono forma o perlomeno si preparano le conce che li andranno a riempire. L’orchestra segue lo spartito in maniera armonica e verso le nove, dopo circa tre ore di esecuzione, finisce il primo “movimento” e cala il sipario. Infatti il padrone di casa, freneticamente indaffarato ai rifornimenti, ha saggiamente provveduto a mettere le bracioline sulla graticola per una succulenta pausa ristoratrice. Son solo le 9 di mattina ma pane, bracioline e vino nuovo sono una delizia. Anzi, per dirla con Verdi, sono “croce e delizia”: croce al fegato e delizia al palato.

L’orchestra provvede a riaccordare gli strumenti perché fra poco si torna in scena per eseguire “movimenti” che vanno dall’adagio della certosina esecuzione all’allegro dell’atmosfera che si respira, fino al “sapido ma non troppo” del gran finale.

Esecuzioni di grande livello che solo nella nostra regione hanno creato eccellenze gastronomiche figlie di un’identità che non può essere dimenticata. Nascono così le morbide e gustose melodie della coppa, del ciauscolo di Visso, del salame di Fabriano. E soprattutto del prosciutto di Carpegna che sembra un violino e che suona al palato eleganti armonie, guarda caso, dalla terra di Gioacchino Rossini.

 

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Tags: Carlo Nardi, in evidenza, Intorno al focolare, la pista

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